domenica 27 gennaio 2013

Ti racconto una fiaba: giornata della memoria


giorno della memoria
Oggi 27 gennaio 2013 è l'anniversario della liberazione degli ebrei dai campi di concentramento, è il giorno della memoria.
Anche se orribili i fatti accaduti ormai parecchi anni fa, devono sempre essere ricordati perchè si può costruire un futuro migliore solo conoscendo bene gli errori del passato, è per questo che oggi invece della solita favola, pubblico 3 documenti  sui campi di concentramento, 3 documenti visti da tre punti di vista differenti: il primo di Primo Levi, sui suoi primi giorni nel campo di concentramento, il secondo di un ebreo che stava riuscendo a sfuggire alla prigionia e il terzo di un ariano, Erik Dorf , che non è più di tanto d' accodo su quello che stanno facendo i suoi generali.
Il passato anche se doloroso, anche se si preferirebbe nasconderlo, anche se si vorrebbe far finta che non esista che non si abbiano scheletri nell'armadio, va ricordato.

Primo Levi 
Se questo è un uomo
Giacere sul fondo
Il viaggio non durò che una ventina di minuti,
Poi l'autocarro si è fermato, e si è vista una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata
(il suo ricordo ancora mi percuote nei sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi.
Siamo scesi, ci hanno fatti entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata.
Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell'acqua nei radiatori ci rende feroci: sono quattro giorni che non beviamo. Eppure c'è un rubinetto: sopra,un cartello che dice che è proibito bere perchè l'acqua è inquina!a. Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è una beffa, e sanno che noimoriamo di sete, e ci mettono in una camera, e c e un rubinetto Wassertrinken verboten. lo bevo, e incito i compagni a farlo; devo sputare, l'acqua è tiepida e dolciastra, ha odore di palude.
Questo è l'inferno. Oggi, ai nostri giorni, l'inferno deve essere così una camera grande e vuota, e noi stanchi di stare in piedi, e c'è un rubinetto che gocciola e l'acqua non si può bere, e noi aspettiamo
qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente.
Come pensare? Non si può più pensare, è come essere già morti.
Qualcuno si siede per terra. Il tempo passa goccia a goccia.
Alla campana, si è sentito il campo buio ridestarsi. Improvvisamente l'acqua è scaturita bollente dalle docce, cinque minuti di beatitudine; ma subito dopo irrompono quattro (forse sono i barbieri) che, bagnati e fumanti, ci cacciano con urla e spintoni nella camera attigua, che è gelida; qui altra gente urlante ci butta addosso non so che stracci e ci schiaccia in mano un paio di scarpacce a suola di legno, non abbiamo tempo di comprendere e già ci troviamo all'aperto, sulla neve azzurra e gelida dell'alba, e, scalzi e nudi, con tutto il corredo in mano, dobbiamo correre fino ad un' altra baracca, a un centinaio di metri. Qui ci è concesso di vestirci.
Quando abbiamo finito, ciascuno è rimasto nel suo angolo, e non abbiamo osato levare gli occhi l'uno sull'altro. Non c'è ove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi), in cento pupazzi miserabili e sordidi.
Eccoci trasformati nei fantasmi intravisti ieri sera.
Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo.
Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile.
Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero.
Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.
Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene così sia. Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più piccole nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il più umile mendicante possiede: un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire vecchi, altri oggetti che sono nostri in quanto custodi e suscitatori di
memorie nostre.
Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengono tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso:di affinità umana; nel caso più fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine "Campo di annientamento", e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo.
Eccomi dunque sul fondo. A dare un colpo di spugna al passato e al futuro si impara assai presto, se il bisogno preme. Dopo quindici giorni dall'ingresso, già ho la fame regolamentare, la fame cronica sconosciuta agli uomini liberi, che fa sognare di notte e siede in tutte le membra dei nostri corpi; già ho imparato a non lasciarmi derubare, e se anzi trovo in giro un cucchiaio, uno spago, un bottone di cui mi possa appropriare senza pericolo di punizione, li intasco e li considero miei di pieno diritto.
Già mi sono apparse, sul dorso dei piedi, le piaghe torpide che non guariranno. Spingo vagoni, lavoro di pala, mi fiacco, alla pioggia, tremo al vento; già il mio stesso corpo non è più mio ho il ventre gonfio e le membra stecchite, il viso tumido al mattino e incavato a sera; qualcuno fra noi ha la pelle gialla, qualche altro grigia; quando non ci vediamo per tre o quattro giorni, stentiamo a riconoscerci l'un l'altro.
Avevamo deciso di trovarci, noi italiani, ogni domenica sera in un angolo del Lager; ma abbiamo subito smesso, perché era troppo triste contarci, e trovarci ogni volta più pochi, e più deformi, e più squallidi.
Ed era così faticoso fare quei pochi passi; e poi, a ritrovarsi, accadeva di ricordare e di pensare, ed era meglio non farlo.

27 gennaio Giorno della Memoria
da L'Olocausto
Gli ebrei venivano fucilati a centinaia
Le guardie non ci inseguirono nel bosco. Ci nascondemmo nella foresta per alcune ore, poi attraversammo a guado un torrente poco profondo, stando. sempre in ascolto per sentire se udivamo il rumore di camion, carri o piedi in marcia. Alla fine di quella giornata calda e bruciante, era il 29 settembre 1941, scalammo una montagna e ci trovammo a dominare un vasto burrone, il Babi Yar, di cui aveva parlato l'uomo sul camion.
Gli ebrei venivano fucilati a centinaia.
Ero contento che fossimo abbastanza lontani da non riuscire a vedere le loro facce o a udire le loro voci. 
I colpi di pistola e di fucile (più tardi vennero impiegati delle mitragliatrici) sembravano colpi di fucili giocattolo. Le vittime cadevano senza rumore, quasi al rallentatore, nella terra sabbiosà.
« Rudi, Rudi, così tanti », piangeva Helena. « I bambini, i piccoli... » .
La tenni stretta, chiedendomi dove saremmo andati come avremmo potuto evItare le pattuglie delle SS.
Le città significavano la rovina, la morte. La nostra unica speranza consisteva nel. vagabondare per la campagna
Certamente alcunI ebrei erano scampati al massacro
Qualcuno delle popolazione locale avrebbe avuto compassione di noi.
 «Voglio morire con loro », ripeteva.
« No, no, maledizione », dissi io. « Tu starai con me:
Noi non moriremo in piedi, nudi, disonorati. Uccideremo qualcuno di loro, quando moriremo. » -
Cominciò a strillare. « Basta! Basta! »
La tirai verso di me e le misi una mano sulla bocca.
Avrebbe dovuto imparare a non strillare, a non urlare, a non correre il rischio di farci scoprire. Avrebbe anche dovuto imparare a odiare, a desiderare la vendetta, a rendersi conto che per noi non vi era altra via d'uscita che correre, nasconderci e cercare di batterci.
Le avrei 
dovuto dire anche cose peggiori. Che avremmo dovuto essere pronti a morire, ma a morire in modo coraggioso e opponendo resistenza. Ero nauseato di gente che si allineava tranquillamente, si chiedeva scusa a vicenda, obbediva agli ordini e andava a morire.
Le esecuzioni continuarono per tutto il giorno. File di ebrei continuarono a essere condotte nella zona dietro il burrone.
La terra si fece scura per il sangue ebreo. I 
nazisti avevano compreso qualcosa che il mondo impiegò molto tempo ad apprendere.
Quanto maggiore è il cri
mine, tanto meno la gente crederà che sia stato perpetrato. Ma io lo vidi commettere. Non sarei mai stato più
lo stesso; e neppure Helena
.
da l'Olocausto
Il diario di Erik Dorf
La notte dei cristalli

Sono trascorsi due giorni da quella che la stampa ora chiama Kristallnacht, la notte dei cristalli, dei vetri infranti.
Mi sono incaricato io, ora che sono capitano e Hey
drich mi stima. di più, di raccogliere dei dati sugli avvenimenti di quella storica notte.
Il capo era rilassato, sorseggiava del cognac, stava ascoltando il Siegfried.
« Wagner è un mago », ha detto. «Un mago. Ecco, Dorf, cosa può produrre un puro animo ariano. »
Sono rimasto ad ascoltare per un momento, perché detestavo interrompere le sue fantasticherie.
« Che accordi », « ha detto,  che accordi sublimi. »
« I rapporti sull'azione, sigrore. Sulla Kristallnacht. >:.
La musica ossessionante di Wagner, credo che si trattasse del Viaggio sul Reno, sembrava un accompagnamento al mio rapporto piuttosto grave. C'erano stati trentasei morti. Quasi tutti gli ebrei che avevano opposto resistenza. La stampa estera non poteva far scalpore per questo. Sessanta sinagoghe erano state date alle fiamme e più di ottocento negozi e aziende ebraici erano stati distrutti.
Dove i nostri sembravano aver pas
sato il limite era negli arresti. Più di trentamila ebrei erano stati imprigionati.
Heydrich ha alzato gli occhi. « Trentamila? Dio mio, che stupidi. Riempiranno Buchenwald in una notte. »
Ha 
spento il grammofono. « Non importa. Alla fine lo riempiremo. E avremo bisogno di molti altri Buchenwald. I nostri nemici, tutti quanti, ebrei, comunisti, socialisti, massoni, slàvi, dovranno essere tutti rinchiusi, se resistono. »
« Può darsi che ci siano proteste, generale. Boicottaggi. Azioni di rappresaglia. »
Heydrich è scoppiato in una risata. Che uomo controllato! Corre voce che, una notte, in un momento d'ira, in preda all'alcool, abbia fatto fuoco con la sua Luger alla propria immagine in uno specchio (ma mi rifiuto di credere a questa storia).
« Rappresaglie? » ha chiesto. «Perché qualche ebreo è stato bastonato? Dorf, la stagione della caccia all'ebreo è sempre aperta. »
« Suppongo di si. Quasi come se avessimo un precedente morale per punirli. Dopo duemila anni... »
« Precedente morale! » Heydrich ha riso di nuovo. « E' meraviglioso. »
« Mi scusi se ho detto qualcosa di stupido. »
« Ma no, capitano. Naturale che c'è un precedente morale. E uno religioso. E uno razziale. E, soprattutto, i valori pratici. In quale altra maniera unire il nostro popolo? »
Ha messo un altro disco. lo ho lasciato i miei rapporti sulla Kristallnacht sul suo tavolo di lavoro e stavo per andarmene.
« Ancora neutrale riguardo agli ebrei, Dorf? »
« No. Capisco benissimo la loro importanza per noi », ho detto.
« E' la minaccia che rappresentano. Lei conosce il credo del Fiihrer. Gli ebrei sono esseri subumani, creati da
qualche altro dio. La sua intenzione, è tutta spiegata in dettaglio, è mettere ariano contro ebreo finché l'ebreo non sia distrutto. »
L 'ho ascoltato assentendo.
« E se un giorno, questo il Fuhrer me l'ha detto personalmente, milioni di tedeschi dovranno morire in un'altra guerra per compiere il nostro destino, egli non esiterà ad annientare milioni di ebrei e di altri parassiti. »
Ho provato una strana sensazione ad ascoltare la sua voce calma, mentre udivo la musica celestiale di Wagner levarsi in alto nella stanza.
Lui ha fatto sembrare la 
cosa logica, inevitabile, il compimento di qualche ineluttabile processo storico.
Berlino Novembre 1938
















Per non dimenticare 

by Cipollina

Questi documenti proviengono da: http://www.poesie.reportonline.it

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